martedì 11 aprile 2017

IL DRAGO E LA FENICE

Quando le acque non erano state ancora poste sotto controllo e i fiumi straripando distruggevano i campi, la dea madre procreò discendenti benefici che finirono per portare ordine nel caos dei diluvi. Lavorando per mettere sotto controllo i fiumi, i laghi, il mare e le nuvole, i brillanti draghi navigarono per le acque e per il cielo. Con grinfie da tigre e artigli da aquila, laceravano con fragore le cortine del cielo, che scintillando sotto l’eccezionale urto lasciavano in libertà le piogge. Diedero il corso ai fiumi, le sponde ai laghi e la profondità ai mari. Fecero caverne da cui sgorgava l’acqua e attraverso condotti sotterranei le portarono molto lontano perché emergessero all’improvviso, senza che l’assalto avvolgente del sole le trattenesse. Tracciarono le linee che si vedono nelle montagne affinché l’energia della terra fluisse, equilibrando la salute di quel corpo gigantesco. E molto spesso dovettero lottare con le ostruzioni provocate dagli dèi e dagli uomini presi dai loro irresponsabili affanni. Dalle loro fauci usciva come fumo la nebbia, vivificante e umida, creatrice di mondi irreali. Con i loro squamosi corpi da serpente tagliavano le tempeste e dividevano i tifoni. Con i loro corni possenti, con i loro denti affilati, nessun ostacolo era sufficiente, nessun groviglio poteva resistere. Ed erano contenti di apparire agli uomini. A volte nei sogni, a volte nelle grotte, a volte sulle sponde dei laghi, perché lì erano soliti scegliere le loro nascoste dimore di cristallo in cui rigogliosi giardini si ornavano di frutti risplendenti e delle pietre più preziose.Long l’immortale, il drago celeste, pose sempre la propria attività (il suo Yang) al servizio del Tao e il Tao lo ricambiò permettendogli di stare in tutte le cose, da quella più grande a quella più piccola, dal vasto universo alla particella insignificante. Tutto è vissuto grazie a Long. Nulla è rimasto immutabile, tranne il Tao innominabile, perché anche il Tao nominabile muta e si trasforma grazie all’attività di Long. E neppure coloro che credono nel Cielo e nell’Inferno possonoassicurarne la permanenza.Ma Long ama Feng, la fenice che concentra il germe delle cose, che contrae ciò che Long tende.E quando Long e Feng si equilibrano, il Tao risplende come una perla bagnata dalla luce più pura. Non lotta Long con Feng perché si amano, si cercano facendo risplendere la perla. Perciò il saggio regola la propria vita secondo l’equilibro tra il Drago e la Fenice, che sono le immagini dei sacri principi dello Yang e dello Yin. Il saggio si colloca nel luogo vuoto cercando l’equilibrio. Il saggio comprende che la non-azione genera l’azione e che l’azione genera la non-azione. Che il cuore degli esseri viventi e le acque del mare, che il giorno e la notte, che l’inverno e l’estate, si succedono nel ritmo che il Tao traccia per loro.Alla fine di questa età, l’universo, dopo essere giunto al suo grande stiramento, tornerà a contrarsi come pietra che cade. Tutto, perfino il tempo, si invertirà tornando al principio. Il Drago e la Fenice si rincontreranno. Lo Yang e lo Yin si compenetreranno, e sarà tanto grande la loro attrazione che assorbiranno tutto nel germe vuoto del Tao. Il cielo è alto, la terra è bassa; cosìsono determinati il creativo e il ricettivo... con questo si rivelano i cambiamenti e le trasformazioni. Ma nessuno può sapere realmente come sono state né come saranno le cose, e se qualcuno losapesse non riuscirebbe a spiegarlo.Colui che sa di non sapere è il più grande; colui che pretende di sapere ma non sa, ha la mente malata. Colui che riconosce la mente malata come tale, non ha la mente malata. Il saggio non hala mente malata perché riconosce la mente malata come tale.

mercoledì 27 aprile 2016

IL RISVEGLIO DEL DRAGO - Il segreto della Sacra di San Michele

Questo rito risale al 843 d.c. che ho tradott dal latino all'italiano qualche tempo fa, ho trovato decisamente interessante questo piccolo libretto scritto da un Monaco della valle di Susa.

Molti di questi "riti" venivano studiati da questi monaci che in realtà volevano conoscere le antiche culture dalla Valle di Susa, alcune di queste culture o usanze sono ancora vive nella nostra valle, basti pensare all'accensione dei fuochi sia per le feste di primavera sia per le feste dell'estate, ogni borgata ha mantenuto queste usanze ma se si cercano informazioni da chi vi partecipa si ha la stessa risposta: " sono usanze dei nostri nonni!", nessuno però si è mai informato del perchè i "nonni" hanno mantenuto queste vive queste usanze.


Ed ecco che se si cerca nelle antiche biblioteche della Valle si trovano parecchi scritti riguardanti queste usanze, il motivo per cui i cattolici facevano ricerche su usi e costumi valligiani non era altro che un modo per sostituirle con funzioni cattoliche, lo scritto che ho tradotto è del 843 d.c. quindi in piena Michealizzazione di alcune parti della valle, parlo della Michealizzazione per via del culto di San Michele Arcangelo, molto diffuso in quel periodo.

Questo rito era chiamato anche il risveglio del Drago, penso che questo sia uno dei motivi per cui fu introdotto San Michele Arcangelo, come sapete la storia o leggenda narra dell'Arcangelo che scaccia il Drago negli inferi, anche facendo le ricerche del caso non sappiamo con certezza la provenienza di tale leggenda se non da scritti proprio di quel periodo.

In molte delle chiese della valle troviamo affreschi raffiguranti l'Arcangelo che scaccia armato di spada e in alcuni casi anche di scudo, una figura che rassomiglia ad un drago, certo che nella leggenda si parla di Lucifero ma in Valle di Susa hanno deciso di raffigurarlo come un drago.

 

arcangelo

Traendo le conclusioni e scoprendo che parecchi riti pagani della valle riguardavano i Draghi penso che la chiesa abbia voluto appositamente raffigurare Lucifero o Satana come un drago per demonizzare la cultura pagana.

Per farvi capire meglio come la chiesa del periodo voleva demonizzare il paganesimo vi riporto queste mie riflessioni pertendo dalla Sacra di San Michele Arcangelo.


Mi ha molto incuriosito una delle porte di ingresso della Sacra di San Michele, per la precisione quella che da sulla Chiesa alta dopo la porta dello zodiaco, guardandola con attenzione possiamo notare una spada ondulata, delle catene che stringono la spada e un serpente / drago con la testa di Satana, quindi? Incuriosito da tutto questo ho fatto delle ricerche più approfondite e ho scoperto che in un primo momento, per la precisione nella ristrutturazione del 1928, quella porta doveva essere sostituita ma per qualche strana ragione la porta nuova è ancora in un angolo del giardino vicino alla fureria... il motivo per cui doveva essere sostituita?

In una bolla papale del 1926 si fà riferimento proprio a quella porta, si chiedevano delucidazioni sulla natura e il significato "vero" di quel rilievo, effettivamente guardandolo bene ci rendiamo conto che il drago è libero in realtà e sembra storga con la sua forza la spada che un tempo lo ha imprigionato, altra curiosità, i due volti dei rilievi che raffigurano Satana sono differenti nelle espressioni, quello sulla sinistra ha un'aria al quanto cattiva ma quello sulla destra sembra quasi un cherubino, alcuni sostengono che l'artista abbia voluto mettere in evidenza che il male si presenta sotto molte forme e quindi bisogna sempre stare attenti...

 

 

Portale_della_chiesa.jpg

 

La porta venne regalata ai Monaci Certosini nel 1828 da Carlo Felice, i Monaci comunque rimasero per poco tempo a capo dell'Abazia di San Michele.

Ma questa porta è un vero libro per chi sa interpretarla, se guardate bene la fotografia noterete che sulla parte sinistra della foto il demone è in realtà libero, contate gli anelli della catena e noterete che proprio quello che lo tiene prigioniero manca... quindi quello cattivo è libero?

In uno degli scritti antichi si parla di una leggenda o di una profezia (non è specificato) nella leggenda sembra che il monte Pirchiriano sia proprio la porta degli inferi e che l'Abazia doveva essere costruita li come sigillo per non permettere al male di fuoriuscire, ma sempre leggendo si scopre che sarà proprio l'Arcangelo a liberare Satana come punizione divina.... ecco il significato del rilievo, dalla parte destra abbiamo un demone legato e sottomesso con la forza e il suo viso è buono, dall'altra abbiamo un demone con il viso infuriato ma libero.

In un altro scritto invece si parla del ritorno del Paganesimo, il ritorno dei Draghi, quando l'antica religione riprenderà il suo posto, ed è proprio in queste pagine che sono rimasto stupito... 

il monaco parla della Sacra di San Michele come di un sigillo, definito per l'esattezza come "sigillo del tempo", in una parte dello scritto si trova una frase che recita più o meno così: "... ed ècco che la stessa verde pietra dell'antica città pagana sarà impegnata per costrutire il sigillo che ha il compito di tenerla celata fino al tempo del risveglio del verde drago..." , questo mi fa pensare molto, di quale antica città stava parlando? Bè, questo mi riporta a Rama e visto che si parla della pietra verde non posso far altro che pensare alla pietra d'Andrade che è verde.

Tutto combacia a questo punto, il sigillo, la pietra verde e la menzione ad un'antica città.

Sempre nello stesso scritto ecco che appare questo rito ma stranamente è scritto al contrario per intenderci meglio è scritto a specchio, il suo significato è decisamente affascinante e il canto del risveglio del drago o il rito è più unico che raro.

Quello che mi chiedo è perchè menzionarlo? Perchè non tenerlo nascosto?
 

Sembra che da quando cominciò la Michealizzazione si sia creato un gruppo di "custodi", essi avrebbero dovuto tramandare scritti e custodire il rito che servirà per il risveglio del drago (?) poichè sembra che questa è la volontà dell'Arcangelo.


Leggere questo mi sa di apocalisse... ma leggendo il rito sembra non sia così.

Qui di seguito scriverò il rito del "RISVEGLIO DEL DRAGO" ma prima vi propongo parte dello scritto tradotto che parla della leggenda.

Faccio notare che la traduzione non è stata semplice, sia per le pessime condizioni del testo sia perchè è scritto in modo molto criptico, ho cercato a mio malgrado di dare un senso a tutto per quanto mi è stato possibile, non voglio sostituirmi agli studiosi del settore ne creare scompiglio nel mondo cattolico, quindi prendete questo come una semplice ricerca di un appassionato.

Ecco la traduzione:

13 giorno dopo il giorno di primavera

" Ecco che scrivo il testo, secondo i testi precedenti su pietra incisa l'Abazia verrà distrutta da scuri uomini, sento che il vento porta le loro marce, il suono delle loro lance annunciano l'imminente disfatta, sia tesoro questo testo poichè io affiderò ai custodi quanto segue.

Stringere il laccio sul dorso di un sacro libro con dodici nodi, uno per ogni custode, dodici i capitoli, un ordine non numerico che solo i dodici possono comprendere, i dodici nodi non sono quelli che si vedono, essi celati come un segreto che si ode come si ode il battito del cuore, guardate con gli occhi serrati e il messaggio udirete come tamburi tuonanti.

Gli scritti verranno ripetuti in opere che si conserveranno nel tempo, tutti vedranno ma nessuno comprenderà il vero significato che l'altissimo spirito ha inciso con la sua spada.

Beati coloro che daranno significato diverso poichè contribuiranno col celare le sacre parole.

Il sigillo è protetto da un color cielo che in circolo viaggia per i sentieri sconosciuti all'uomo!

Mai uomo dovrà scoprire tale segreto poichè la città verde dovrà restare celata agli occhi e al cuore finche i tempi non saranno maturi e i dodici apriranno la porta.

Ascoltate i dodici punti, ascoltate i dodici versi, essi vi condurranno alla ricerca delle dodici pietre verdi, chiavi della porta della città verde del drago"

Approssimativamente questo è quello che sono riuscito a tradurre, è come se il Monaco avesse voluto dare delle informazioni a qualcuno che avrebbe dovuto custodire tale manoscritto.

I dodici capitoli in realtà sono dodici versi, lui li chiama capitoli forse perchè sono scritti in dodici pagine diverse e sempre scritte in bianca e mai in volta, non trascriverò i dodici capitoli ma trascriverò solo il rito, anche quì ho dato un interpretazione personale o meglio quello che sono riuscito a comprendere.

Nelle dodici vesti che profuman di tempo entreranno i dodici,udite il richiamo come assordante suono di campana d'oro,le dodici chiavi di pietra verde sono state ritrovate,i dodici giacigli delle chiavi saranno aperti, le stelle ruotano e il Sole si spegne in questo giorno, Alzatevi venti urlanti, la città risorge!

Agitatevi alberi e cantate la sua lode!

Tremate terre e cantate il suo inno!

I dodici si sono risvegliati e apriranno la porta del tempo!

Il tempo è finito è nuova aria verrà respirata!

Non disperatevi dunque ma ammirate con stupore il ritorno!

Essi saranno i nuovi pilastri e le nuove guide per le vostre anime!

Il Sole e la Luna brilleranno di nuovo splendore! Ecco la verde città, ecco le energie creatrici!
Urlate voi! Dodici signori dei sigilli le sacre parole che aprono il sacro sigillo. Il tempo della verità è giunto, il tempo della luce è giunto!

Tu uomo hai vissuto nel buio fino ad oggi, ora apri gli occhie ammira la magnificenza di colui che è e che sarà!


Questo è quello che ho tradotto ma ancora questo manoscritto deve prendere forma, per cui dobbiamo aspettare la conclusione delle traduzioni precise che pubblicherò a breve, per il momento vi ringrazio e vi auguro buon risveglio! 

Marius Depredè 

Fonte: http://cantinadelrustico.overblog.com/2016/03/il-risveglio-del-drago-leggende-e-miti.html

 


martedì 26 aprile 2016

lunedì 11 aprile 2016

IL DRAGO IN CINA



Tra i vari temi e motivi caratteristici dell'arte cinese, quello del drago è sicuramente il più sorprendente e quello che colpisce maggiormente l'immaginazione. È una delle figure simboliche o fantastiche più frequenti, e tra le più ricche di significato della tradizione cinese. Dalle terrecotte neolitiche, dai bronzi arcaici e dalle giade dell'epoca Shang (XVI-XI a.C.) fino ai ricami delle vesti dei mandarini dell'inizio del nostro secolo, questo tema è stato riprodotto con costanza instancabile ed evidenza continua; si trova sulle ceramiche, le lacche, gli abiti da cerimonia, le balaustre delle gradinate, le grandi pareti-schermo di ceramica policroma, lo si vede sui soffitti dei teatri, sui muri di recinzione dei giardini, ondeggiante, sui cloisonné, su disegni a inchiostro, sulla prua delle imbarcazioni, arrotolato intorno alle colonne all'entrata e sulle tende degli altari dei templi taoisti...

In occasione delle festività, in città la gente del popolo si diverte a nascondersi sotto a lunghi draghi fatti a bruco, di carta dipinta, che spaventano i bambini. In breve, il drago è onnipresente ed è pane integrante della vita quotidiana cinese.

Una creature benefica

Innanzitutto è caratterizzato dal suo aspetto soprannaturale, ibrido e composito. Di fatto nel corso di tre millenni il suo aspetto talvolta è variato, ma poco. Il drago più comune (detto "lungo"), prende a prestito le proprie caratteristiche da veri animali, nove, si diceva: la testa al cammello, le corna al cervo, gli occhi al coniglio (o al gamberetto, secondo altri), le orecchie alla mucca, il corpo alla lucertola, il ventre alla rana, le scaglie alla carpa, le zampe o le palme alla tigre, gli artigli all'aquila. Accade di rado che sia dotato d'ali (di pipistrello, in tal caso) e poteva essere di vari colori. Si credeva che fosse sordo e si nutrisse di carne di rondine. Infine, elemento importante per il nostro approccio: diversamente da quanto accadeva nell'occidente medievale, in cui rappresentava l'incarnazione del male e delle forze maligne, al contrario, in Cina, il drago è una creature benefica e di buon augurio. Annunciava la pioggia e distribuiva fertilità. Aveva il potere della metamorfosi, il dono di rendersi, a piacimento, visibile o invisibile, e le sue apparizioni in cielo - sempre folgoranti - erano accolte come presagi di messi abbondanti, garanzie di future ricchezze. Si riteneva che i draghi potessero nascondersi e annidarsi ovunque, nei cieli, in acqua, sulla terra e sottoterra.

D'altronde, negli ultimi secoli, il drago venue anche associato al potere imperiale: divenne “l’animale emblematico dell'imperatore", detto "Figlio del Cielo", ma anche "Volto di Drago". In questo caso il nostro animale soprannaturale simboleggiava la funzione, che spettava all'imperatore, di assicurare i ritmi stagionali e lo scorrere armonioso della vita. L'Imperatore era garante dell'ordine e della prosperità dell'universo.

Al collo dei draghi era spesso rappresentata una perla appesa, che ricordava il fulgore e la perfezione delle parole dell'imperatore, la precisione del suo pensiero e l'assennatezza degli ordini del sovrano. "Non si discute la perla del drago" soleva ripetere lo stesso Mao Zedong!

Così, in Cina, nonostante il suo aspetto fantastico, il drago non ha mai assunto quelle caratteristiche paurose e bellicose che gli conferirono i nostri artisti, opponendolo a San Giorgio o a San Michele, per esempio. A1 contrario, in Cina lo vediamo spesso bonario, che gioca con un compagno a rincorrere una perla infiammata, il "rubino magico", una specie di pallina irta di una voluta, che si riteneva richiamasse la folgore e il rombo del tuono. Per altri, questa "perla lucente", spesso rossa, rappresenterebbe la luna, o ancore il sole, o perfino l'uovo cosmico, che si ritiene contenga tutta l'energia umana condensata. Di fatto, la voluta raffigurata su questa palla, riproduce il segno figurativo del tuono nella scrittura arcaica. Ed è indiscutibile che il drago fosse del resto strettamente connesso alla pioggia, all'acqua e alle nuvole. Di natura essenzialmente acquatica, il drago compariva regolarmente nel mezzo di nuvole o di flutti, e se spesso si contorce con veemenza, è più per manifestare la propria forza, foga e vitalità, che per esprimere aggressività o furore. In Cina veniva percepito come un animale bonario e giocherellone.

Nelle raffigurazioni dei combattimenti tra draghi, questi non si mordono e non si dilaniano mai come si può invece vedere in Iran, nei manoscritti o sulle ceramiche. In Cina la loro fugace apparizione annunciava la pioggia o qualche felice avvenimento politico, per esempio la nascita di un futuro grande imperatore.

II drago e la pioggia

La maggior parte dei cinesi credeva all'esistenza di queste creature e, ancora all'inizio del nostro secolo, in occasione di un'inchiesta, si è scoperto che quattro persone su cinque condividevano fermamente tale convinzione. Padre Huc, un lazzarista della metà del secolo scorso, nel suo famoso libro “L’Empire chinois" ha raccontato che la gente implorava il drago affinché ponesse fine a una siccità catastrofica. Il mandarino della regione sinistrata, inizialmente emise un proclama per invitare i suoi amministrati a osservare una rigorosa astinenza. Poi ognuno fu invitato ad appendere sopra all'ingresso della propria abitazione delle strisce di carta gialla con scritte formule incantatorie, e ornate con una rappresentazione del drago della Pioggia. Infine, come ultima risorsa, se la siccità persisteva, c'era la consuetudine di organizzare processioni burlesche e stravaganti, nel corso delle quali, accompagnati dal rumore di una musica infernale, si portava per le strade e per i campi un immenso drago fatto di legno e di carta. La pioggia si ostinava ancora a non cadere? Allora, in preda all'esasperazione, a male estremi, estremi rimedi, e le preghiere si trasformavano in maledizioni e, dagli ossequi, si passava alle invettive. E il nostro drago da quel momento veniva "sbeffeggiato e fatto a pezzi dai suoi adoratori inferociti". Un comportamento estremamente significativo, che rivela alcuni aspetti della religiosità cinese.

Durante il regno di Jiaqing (1796-1821), nel corso di una siccità persistente, nessuna cerimonia in onore del drago era riuscita a produrre alcun effetto, perciò il sovrano ordinò di esiliare fino alle frontiere del Turkestan l'inflessibile drago che si ostinava a non far scendere la pioggia. Indubbiamente si trattava di un'immenso modellino conservato in qualche tempio (in Cina esistevano ovunque templi dedicate al Re dei Draghi, in cui il popolo pregava per ottenere abbondanti raccolti). Sconvolti per questa partenza in esilio e per la disgrazia di cui era vittima il paese, alcuni dignitari di Pechino intercessero presso il Figlio del Cielo, che si degnò di revocare la sentenza; e il drago, richiamato, fu reintegrato nelle proprie funzioni. Si ricorda che all'inizio del secolo scorso molti contadini si opposero alla costruzione delle vie ferrate, con il pretesto che i chiodi e le traversine indisponevano i draghi che vivevano nelle viscere della terra. Per loro, i draghi incarnavano le vene dell'energia cosmica percettibile, manifestatasi sotto forma di catene e di rilievi montani. Questi lavori, questi chiodi e queste rotaie, diceva la gente di campagna, importunano i draghi ferendo loro la spina dorsale.

Di fatto, in Cina, ognuno, a seconda della posizione sociale e del grado di istruzione, aveva il proprio modo di percepire o di interpretare i draghi. Per l'uomo comune, della strada o dei campi, il drago era quindi, come abbiamo visto, una creatura benevola e di buon augurio, che annunciava la pioggia e la fertilità, e inoltre era l'emblema dell’imperatore. La sua natura yang, maschile, lo contrapponeva allo yin, di natura femminile e quindi alla fenice, l'emblema dell'imperatrice. Si spiega perché questa due animali emblematici molto spesso siano stati associati e riprodotti insieme.

Ma per gli adepti della setta buddistica contemplativa Chan (o Zen in Giappone), il drago rappresentava infinitamente di più. Simboleggiava la visione fugace, istantanea, evanescente e illusoria della Veritàed era quindi equiparato a una manifestazione cosmica. D'altra parte, per i taoisti il drago era il Tao stesso, incarnato, cioè la Via, la forza onnipresente che si rivela a noi in un baleno per svanire immediatamente. Perché su questo punto tutti i cinesi sono d'accordo: un drago si mostra soltanto in modo fugace, in una frazione di secondo e soltanto parzialmente; non lo si coglie mai nella sua interezza. Animale fantastico, il drago (di natura yang) abitualmente vive nascosto negli abissi mari, nelle viscere della terra o nelle nubi vaganti (di natura yin). Simboleggia quindi lo slancio spirituale, la potenza divina. Per cui, nel campo dell'arte, si hanno rappresentazioni nervose, gonfie di energia. Come se fossero colti da convulsioni, i draghi torcono e inarcano i loro corpi muscolosi. Nell'arte della Corte imperiale, il drago riveste un aspetto maestoso, brutale e temibile al tempo stesso. Deve esprimere la dignità del potere imperiale.

Artisti e draghi

Questa intensità di vita, questa forza intensa non potevano fare a meno di affascinare gli artisti, e in particolare quelli che usano l'inchiostro e il pennello, gli specialisti del disegno a inchiostro monocromatico. Dal III secolo, Cao Buxing era stato il primo pittore di talento a specializzarsi in draghi, ma il più grande di tutti fu indiscutibilmente Chen Rong, attivo dal 1235 al 1260. I suoi straordinari Nove Draghi, dipinti (nel 1244) a inchiostro, su carta, oggi al museo di Boston, lasciano un'impressione profonda (vedi dipinto). Non si dimentica facilmente questa visione fantastica, gli animali unghiuti, dalla vitalità sorprendente, che si arrotolano e scompaiono parzialmente negli squarci delle nuvole notturne. Sembra che Chen Rong dipingesse in stato d'ebbrezza e si servisse, a mò di pennello, del suo berretto intinto nell'inchiostro; poi terminava i dettagli con il pennello. La sua opera è d'ispirazione nettamente taoista e, di fatto, ritroviamo spesso dei draghi nelle evocazioni del Paradiso taoista, in cui questa servono da cavalcature agli Immortali che viaggiano tra le nuvole (nuvole che nella maggior parte dei casi sono rappresentate da viticci).

Secondo la tradizione, le raffigurazioni dei draghi a cinque artigli erano riservate all'imperatore (per i suoi abiti, il palazzo, il vasellame, il mobilio, ecc.). I principi di quarto e quinto rango avevano diritto soltanto a draghi con quattro artigli; agli altri restavano i draghi con appena tre artigli! Ma questa regola tardiva non è sempre rispettata e ha subito varie modifiche.

Vengono chiamati draghi Kui i primi draghi raffigurati sui bronzi arcaici, le giade e la ceramica bianca della dinastia Shang. Da quest'epoca (secondo millennio a.C.), sono associati ai riti "di invocazione della pioggia". L'immagine del drago viene allora ravvicinata al tamburo - che effettivamente serviva a chiamare la pioggia -; si pensava che per magia imitatoria il fulmine prolungasse il tuono del tamburo. Quindi, l'alligatore cinese (Alligator sinensis), attualmente in via di estinzione, e che vive in caverne-tane nelle tre province del Basso-Yangtse (Jiangsu, Zheijiang e Anhui), probabilmente è servito da modello ai primi artisti. Lungo circa due metri, questo animale sverna da ottobre ad aprile per ricomparire in primavera, con il ritorno della vita attiva, della vegetazione e della fecondità. D'altronde la sua pelle veniva utilizzata per realizzare tamburi per il culto, che del resto ancor oggi sono detti "tamburi di Pioggia" nell'estremo sud della Cina e nelle attigue contrade montane (Laos, ecc.). Esiste quindi una sicura identità (in origine, almeno) tra il drago e l'alligatore.

ll drago in tutte le sue forme

Padroni della Pioggia, manifestazioni delle forze celesti, si credeva che i draghi lasciassero i propri rifugi terrestri (come l'alligatore!) o le profondità degli oceani, in aprile, per salire in cielo e da lì far cadere la pioggia tra i lampi e il fragore del tuono. Così annunciavano il risveglio della natura e delle sue energie. Poi, all'equinozio d'autunno, ridiscendevano sulla terra, sotto terra e negli abissi oscuri dei mari. La denominazione "long" era riservata al drago residente nei cieli, il più potente, quella "li" al drago (allora sprovvisto di corna) che si nascondeva nell'oceano, e quella "jiao" al drago dalla corazza di scaglie che aveva la tana nelle paludi o nelle grotte delle montagne.

Si credeva che la pioggia risultasse dal combattimento amoroso tra due draghi di sesso "opposto", e alcuni cinesi sensibili, un tempo, rifiutavano di uscire sotto la pioggia, per non essere testimoni indiscreti di questi trastulli fantastici. II combattimento amoroso è sopravissuto in forma di gare e di competizioni tra imbarcazioni-drago, in occasione della festa del 5° giorno del 5° mese lunare (Festa delle barche-drago, Duanwujie in cinese). In occasione della festa delle Lanterne, il 15 della prima luna, grandi draghi a bruco, fatti di tela e di cartone, sotto i quali si nascondono portatori burleschi, serpeggiano nelle strade, in un grande tumulto di grida, risate, petardi, gong e ottoni. In questo caso simboleggia le forze sotterranee della germinazione primaverile, e quindi della fecondità. Nelle superstizioni popolari il drago ha svolto in ogni tempo un ruolo preponderante, come non si può fare a meno di constatare.

Così, per molto tempo, nel nord della Cina, i contadini sono stati incuriositi da strane ossa fossili che capitava loro di dissotterrare spesso e che, con la massima naturalezza, chiamavano "ossa di drago". Di fatto questi resti fossilizzati di dinosauri del trias superiore, che hanno da 70 a 225 milioni di anni, richiamano decisamente quelli degli attuali coccodrilli... Con l'unica differenza che il Phobosuchus del cretaceo superiore, per esempio, probabilmente raggiungeva i dodici metri di lunghezza! Si capisce la perplessità dei contadini davanti a ossa di tali dimensioni, quando le dissotterravano. Le ammucchiavano coscienziosamente per farne medicine e polveri magiche.

Nelle leggende della mitologia antica, i draghi fungono da veicoli o da traino per le grandi divinità, per esempio il Padre d'Oriente e la Regina Madre d'Occidente. Huangdi, l'Imperatore Giallo, sovrano leggendario, avrebbe, per primo, realizzato un tamburo con la pelle di un drago. Questi tamburi dominavano il fulmine, e Pangu, il nano cornuto, colui che metteva ordine nel caos, che è rappresentato sulle mura di Dunhuang mentre è intento a fare il giocoliere in un cerchio di tamburi. Dunque simboleggia anche il tuono! Durante il periodo della "società primitiva", il drago fu il simbolo delle forze soprannaturali.

Con il passare dei secoli, il drago nel Medio Evo assume una forma sempre più fantastica, e l'imperatore si impadronisce della sua immagine, facendone un suo antenato. Nella società feudale, divenne simbolo dell'autorità assoluta dell'imperatore. Lo si vedrà raffigurato su lingotti d'argento che servivano da moneta, e sul trono imperiale, chiamato precisamente "Trono del Drago". Dall'XI secolo, come si può osservare su alcuni affreschi di Dunhuang, viene inserito nei grandi dischi e quadri posti sul petto delle vesti, ricamato sugli abiti e sulle cappe di importantissimi personaggi, e sui flabelli e parasoli portati dai loro fedeli servitori. Il drago a tre artigli era già visibile sulle vesti Tang (618-907), e diventa un elemento costante durante la dinastia Yuan (1279-1367). Alcune leggi suntuarie, severe, promulgate nel XIV secolo, autorizzavano i nobili e gli alti funzionari a portare una veste decorata di draghi ricamati, riservando ai sovrani e a certi principi i draghi con cinque artigli. A partire dai Ming (1368-1644) e durante la dinastia Qing (1644-1911) soprattutto, queste vesti semi ufficiali, di gala, dette esattamente "vesti-drago", divennero sempre più frequenti.

I Nove Draghi

Abbiamo accennato al tema dei Nove Draghi a proposito dei disegni a inchiostro di Chen Rong. Lo si ritrova su una serie di grandi muri schermo, in ceramica policroma smaltata, conservati a Pechino (nella città proibita e nel Parco Beihai) e a Datong. Su una lunga fascia che si distende in larghezza, nove draghi fantastici, disposti a fregio e di colori diversi, si contorcono in mezzo a onde e nubi. Una credenza popolare in effetti distingueva nove specie diverse di draghi (con nomi precisi). Pulao viene sempre raffigurato sulle campane e sui gong; Qiuniu, ama la musica di tutti i generi; Bixi e Baxia sono raffigurati, il primo in cima alle steli - poiché era appassionato di letteratura - e alle mensole, il secondo alla base delle stesse, capace di sopportare grandi pesi. In quest'ultimo caso accade che alla testa della tartaruga che porta sul dorso la pesante stele, vengono conferiti i lineamenti di un drago; Chaofeng appare alle estremità scolpite delle travi dei tempi per la sua inclinazione al pericolo; Chiwen orna le balaustre dei ponti per la sua passione per l’acqua;Suanmi scolpito sull trono di Buddha per la sua propensione al riposo; Yazi è raffigurato sull'elsa delle spade; e infine Bi’an si allunga sull'architrave e sulle porte delle prigioni.
In breve, questo essere mitico e fantastico, tuttavia familiare, e che a suo piacimento poteva ridursi alle dimensioni di un lombrico o, viceversa, assumere dimensioni gigantesche, in Cina ha finito per acquistare una autenticità sorprendente, fino al punto di convincere ognuno della sua "reale" esistenza. All'inizio del secolo, serissimi insegnanti dell'Università di Shanghai giuravano di averne visti con i propri occhi! Ma lungi dall'essere una creatura inquietante e apocalittica, il drago in Cina ha sempre suscitato la simpatia di tutti e, al tempo della dinastia Mancese, ognuno fremeva per poter essere ammesso nell'ordine del Doppio Drago, e portare sul petto una medaglia su cui erano raffigurate due di queste creature benefiche affrontate. I drago, essendo di buon augurio, poteva portare soltanto felicità, ricchezza e prosperità. Si capisce perciò l'enorme e duraturo successo di questo tema che si mantiene vivo da più di trenta secoli, un tema che agli occhi degli occidentali potrà risultare leggermente inquietante, ma che al contrario è benefico e gradevole per gli abitanti dell'Impero celeste. Molti cinesi continuano a battezzare i propri figli con il nome "Long", drago, e ai candidati chc hanno superato brillantemente esami e concorsi, nonché agli accademici viene a loro volta conferito l'ambito titolo di "drago".

http://www.tuttocina.it/Tuttocina/Simbologia/drago.htm#.VwtfMvBoaK0

mercoledì 25 novembre 2015

DRAGHI CINESI - CARATTERISTICHE


Il drago è una figura simbolica molto diffusa nella cultura cinese. Si tratta di una creatura mitologica molto differente dal tipo di drago dell'immaginario occidentale. Per lungo tempo simbolo del potere favorevole, della forza vitale, e della fertilità, è la personificazione del concetto di Yang, associato al clima e all'acqua, come colui che porta la pioggia. Insieme a Tartaruga, Fenice e Unicorno era uno dei quattro animali benevoli.
Nell'antica astronomia cinese, una delle cinque principali costellazioni celesti era chiamata il Drago Verde di Primavera, e la sua comparsa segnava l'inizio delle piogge di primavera.
Il Drago orientale (comune in Cina, Giappone, Corea) è descritto in questo modo: ha il corpo di serpente, le scaglie e la coda di pesce, le corna di cervo, il muso di un Quilin (in giapponese Kirin, una creatura mitologica orientale, identificata secondo alcuni con la giraffa e secondo altri con l'unicorno) con quattro lunghi baffi, due coppie di artigli d'aquila o di falco, zampe di tigre, e orecchie di bue, e occhi come quelli di un demone. I draghi cinesi hanno cinque dita per ogni piede (a differenza dei draghi coreani che ne hanno quattro e di quelli giapponesi che ne hanno solo tre).
Per spiegare non solo questa differenza, ma anche il motivo per cui in altri Paesi non esistono simili creature, una leggenda narra che i draghi (originari della Cina), ogni volta che si allontanavano dalla *patria* perdevano un dito e quindi alla fine decisero di fermarsi in Giappone altrimenti sarebbero rimasti senza dita.

Il drago maschio ha 81 scaglie (9x9) ed è rappresentato con la bocca aperta, la femmina ha 36 scaglie (9x4) e invece viene rappresentata con la bocca chiusa.
Il colore stabilisce la sua anzianità: il colore del drago più giovane, cioè che ha meno di 100 anni, è il nero ed è un drago che porta solo gli ordini
dei suoi superiori.
Il successivo è blu e svolge il compito di messaggero degli dei, insieme alla tartaruga, la fenice e la tigre bianca. Come tatuaggio da' protezione dalle malattie, disastri naturali, porta fortuna negli affari. 
Il drago verde ha più di 100 anni e appare come buon auspicio, porta vento e pioggia.
Poi ci sono i draghi rossi,
marroni e viola. 
Dopo 700 anni il drago diventa bianco e dopo viene 
considerato un dio. 
A 1000 anni diventa d'oro e chi indossa un tatuaggio con il drago d'oro è una persona che si suppone abbia il suo potere e raggiunga l'immortalità.


Si suppone che i draghi siano una manifestazione degli dei per apparire agli umani, ed esistono perciò moltissime leggende che circondano questa figura fantastica. 
Spesso il drago cinese è rappresentato con in mano una sfera di fuoco, che simboleggia il tuono, o il Sole ed è chiamata Perla Meravigliosa.


Tuttavia, secondo un'altra leggenda, «i draghi neri sono figli del drago nero-oro che ha più di mille anni. Rappresentano il Nord. I loro combattimenti aerei causano le tempeste. I draghi blu sono figli del drago blu-oro che ha ottocento anni. Rappresentano l'Est. Simbolizzano l'inizio della primavera. I draghi gialli sono figli del drago giallo-oro con un età di mille o più anni (è ritenuto il progenitore di tutti gli altri). Rappresentano il Superiore. Compaiono solo "al momento perfetto" rimanendo, per il resto del tempo, sempre nascosti. Vivono appartati vagando solitari. I draghi gialli sono i più venerati tra tutti gli altri. 
I draghi rossi discendono dal drago rosso-oro con un età di circa mille anni. Rappresentano l'Ovest. Sono numerosi così come sono numerosi i draghi neri. Come i draghi neri quando combattono nei cieli possono causare tempeste. I draghi bianchi sono discendenti del drago bianco-oro con un età di mille anni. Simbolizzano il Sud. Il bianco, in Cina così come in tutto l'oriente, è il colore del lutto e questi draghi sono un segno di morte (che dai cinesi non è ritenuto malvagio).»

In Oriente il drago è un simbolo di buona fortuna, come la tigre bianca, il cardellino rosso e la tartaruga nera. Ma la simbologia del drago subì nel corso dei secoli numerose trasformazioni.
Da simbolo popolare assunse, durante il periodo del regno Liu Bang della dinastia Han Occidentale (III sec. A.C.), il significato di antenato del clan dominante e di simbolo del potere imperiale. Successivamente (durante le dinastie Yuan, Ming e Qing) divenne esclusivo simbolo della famiglia imperiale. Tra l'altro, è da questo momento che i draghi (divenuti appunto Draghi Imperiali) trovano aumentato il numero dei loro artigli, da quattro a cinque. Un modo chiaro per stabilire la differenza con gli altri draghi, perché quelli della famiglia imperiale erano i più potenti. Quindi, al contrario della figura malvagia (spesso associata a Satana) del drago occidentale (come non citare l'iconografia di San Giorgio che uccide il drago?), in Oriente il Draghi erano figure di salvezza e aiuto, divinità a cui si ricorreva per ottenere la benefica pioggia nei periodi di carestia.


Unito alla figura della Fenice (altra creatura della Mitologia Orientale), il drago si riveste di una simbologia supplementare, descritta nel detto popolare "Drago che si eleva e fenice che plana" usata per definire un letterato di grande sapere. La coppia drago/fenice indica anche prosperità, nell'espressione "splendore di drago e bellezza di fenice". Le figure simboliche di un ragazzo che cavalca un drago e di una ragazza che cavalca una fenice riportano alla leggenda della coppia perfetta.


Il drago è anche uno dei dodici segni dello zodiaco cinese, che sono tutti rappresentati da animali, ma è l'unica figura mitologica.


Tratto da: http://casaditassorosso.altervista.org/draghi.html



IL SIMBOLO DEL DRAGO NELL'ARTE CINESE

Tra i vari temi e motivi caratteristici dell'arte cinese, quello del drago è sicuramente il più sorprendente e quello che colpisce maggiormente l'immaginazione. È una delle figure simboliche o fantastiche più frequenti, e tra le più ricche di significato della tradizione cinese. Dalle terrecotte neolitiche, dai bronzi arcaici e dalle giade dell'epoca Shang (XVI-XI a.C.) fino ai ricami delle vesti dei mandarini dell'inizio del nostro secolo, questo tema è stato riprodotto con costanza instancabile ed evidenza continua; si trova sulle ceramiche, le lacche, gli abiti da cerimonia, le balaustre delle gradinate, le grandi pareti-schermo di ceramica policroma, lo si vede sui soffitti dei teatri, sui muri di recinzione dei giardini, ondeggiante, sui cloisonné, su disegni a inchiostro, sulla prua delle imbarcazioni, arrotolato intorno alle colonne all'entrata e sulle tende degli altari dei templi taoisti...

In occasione delle festività, in città la gente del popolo si diverte a nascondersi sotto a lunghi draghi fatti a bruco, di carta dipinta, che spaventano i bambini. In breve, il drago è onnipresente ed è pane integrante della vita quotidiana cinese.


Una creature benefica

Innanzitutto è caratterizzato dal suo aspetto soprannaturale, ibrido e composito. Di fatto nel corso di tre millenni il suo aspetto talvolta è variato, ma poco. Il drago più comune (detto "lungo"), prende a prestito le proprie caratteristiche da veri animali, nove, si diceva: la testa al cammello, le corna al cervo, gli occhi al coniglio (o al gamberetto, secondo altri), le orecchie alla mucca, il corpo alla lucertola, il ventre alla rana, le scaglie alla carpa, le zampe o le palme alla tigre, gli artigli all'aquila. Accade di rado che sia dotato d'ali (di pipistrello, in tal caso) e poteva essere di vari colori. Si credeva che fosse sordo e si nutrisse di carne di rondine. Infine, elemento importante per il nostro approccio: diversamente da quanto accadeva nell'occidente medievale, in cui rappresentava l'incarnazione del male e delle forze maligne, al contrario, in Cina, il drago è una creature benefica e di buon augurio. Annunciava la pioggia e distribuiva fertilità. Aveva il potere della metamorfosi, il dono di rendersi, a piacimento, visibile o invisibile, e le sue apparizioni in cielo - sempre folgoranti - erano accolte come presagi di messi abbondanti, garanzie di future ricchezze. Si riteneva che i draghi potessero nascondersi e annidarsi ovunque, nei cieli, in acqua, sulla terra e sottoterra.

D'altronde, negli ultimi secoli, il drago venue anche associato al potere imperiale: divenne “l’animale emblematico dell'imperatore", detto "Figlio del Cielo", ma anche "Volto di Drago". In questo caso il nostro animale soprannaturale simboleggiava la funzione, che spettava all'imperatore, di assicurare i ritmi stagionali e lo scorrere armonioso della vita. L'Imperatore era garante dell'ordine e della prosperità dell'universo.

Al collo dei draghi era spesso rappresentata una perla appesa, che ricordava il fulgore e la perfezione delle parole dell'imperatore, la precisione del suo pensiero e l'assennatezza degli ordini del sovrano. "Non si discute la perla del drago" soleva ripetere lo stesso Mao Zedong!

Così, in Cina, nonostante il suo aspetto fantastico, il drago non ha mai assunto quelle caratteristiche paurose e bellicose che gli conferirono i nostri artisti, opponendolo a San Giorgio o a San Michele, per esempio. A1 contrario, in Cina lo vediamo spesso bonario, che gioca con un compagno a rincorrere una perla infiammata, il "rubino magico", una specie di pallina irta di una voluta, che si riteneva richiamasse la folgore e il rombo del tuono. Per altri, questa "perla lucente", spesso rossa, rappresenterebbe la luna, o ancore il sole, o perfino l'uovo cosmico, che si ritiene contenga tutta l'energia umana condensata. Di fatto, la voluta raffigurata su questa palla, riproduce il segno figurativo del tuono nella scrittura arcaica. Ed è indiscutibile che il drago fosse del resto strettamente connesso alla pioggia, all'acqua e alle nuvole. Di natura essenzialmente acquatica, il drago compariva regolarmente nel mezzo di nuvole o di flutti, e se spesso si contorce con veemenza, è più per manifestare la propria forza, foga e vitalità, che per esprimere aggressività o furore. In Cina veniva percepito come un animale bonario e giocherellone.

Nelle raffigurazioni dei combattimenti tra draghi, questi non si mordono e non si dilaniano mai come si può invece vedere in Iran, nei manoscritti o sulle ceramiche. In Cina la loro fugace apparizione annunciava la pioggia o qualche felice avvenimento politico, per esempio la nascita di un futuro grande imperatore.

II drago e la pioggia

La maggior parte dei cinesi credeva all'esistenza di queste creature e, ancora all'inizio del nostro secolo, in occasione di un'inchiesta, si è scoperto che quattro persone su cinque condividevano fermamente tale convinzione. Padre Huc, un lazzarista della metà del secolo scorso, nel suo famoso libro “L’Empire chinois" ha raccontato che la gente implorava il drago affinché ponesse fine a una siccità catastrofica. Il mandarino della regione sinistrata, inizialmente emise un proclama per invitare i suoi amministrati a osservare una rigorosa astinenza. Poi ognuno fu invitato ad appendere sopra all'ingresso della propria abitazione delle strisce di carta gialla con scritte formule incantatorie, e ornate con una rappresentazione del drago della Pioggia. Infine, come ultima risorsa, se la siccità persisteva, c'era la consuetudine di organizzare processioni burlesche e stravaganti, nel corso delle quali, accompagnati dal rumore di una musica infernale, si portava per le strade e per i campi un immenso drago fatto di legno e di carta. La pioggia si ostinava ancora a non cadere? Allora, in preda all'esasperazione, a male estremi, estremi rimedi, e le preghiere si trasformavano in maledizioni e, dagli ossequi, si passava alle invettive. E il nostro drago da quel momento veniva "sbeffeggiato e fatto a pezzi dai suoi adoratori inferociti". Un comportamento estremamente significativo, che rivela alcuni aspetti della religiosità cinese.

Durante il regno di Jiaqing (1796-1821), nel corso di una siccità persistente, nessuna cerimonia in onore del drago era riuscita a produrre alcun effetto, perciò il sovrano ordinò di esiliare fino alle frontiere del Turkestan l'inflessibile drago che si ostinava a non far scendere la pioggia. Indubbiamente si trattava di un'immenso modellino conservato in qualche tempio (in Cina esistevano ovunque templi dedicate al Re dei Draghi, in cui il popolo pregava per ottenere abbondanti raccolti). Sconvolti per questa partenza in esilio e per la disgrazia di cui era vittima il paese, alcuni dignitari di Pechino intercessero presso il Figlio del Cielo, che si degnò di revocare la sentenza; e il drago, richiamato, fu reintegrato nelle proprie funzioni. Si ricorda che all'inizio del secolo scorso molti contadini si opposero alla costruzione delle vie ferrate, con il pretesto che i chiodi e le traversine indisponevano i draghi che vivevano nelle viscere della terra. Per loro, i draghi incarnavano le vene dell'energia cosmica percettibile, manifestatasi sotto forma di catene e di rilievi montani. Questi lavori, questi chiodi e queste rotaie, diceva la gente di campagna, importunano i draghi ferendo loro la spina dorsale.

Di fatto, in Cina, ognuno, a seconda della posizione sociale e del grado di istruzione, aveva il proprio modo di percepire o di interpretare i draghi. Per l'uomo comune, della strada o dei campi, il drago era quindi, come abbiamo visto, una creatura benevola e di buon augurio, che annunciava la pioggia e la fertilità, e inoltre era l'emblema dell’imperatore. La sua natura yang, maschile, lo contrapponeva allo yin, di natura femminile e quindi alla fenice, l'emblema dell'imperatrice. Si spiega perché questa due animali emblematici molto spesso siano stati associati e riprodotti insieme.

Ma per gli adepti della setta buddistica contemplativa Chan (o Zen in Giappone), il drago rappresentava infinitamente di più. Simboleggiava la visione fugace, istantanea, evanescente e illusoria della Veritàed era quindi equiparato a una manifestazione cosmica. D'altra parte, per i taoisti il drago era il Tao stesso, incarnato, cioè la Via, la forza onnipresente che si rivela a noi in un baleno per svanire immediatamente. Perché su questo punto tutti i cinesi sono d'accordo: un drago si mostra soltanto in modo fugace, in una frazione di secondo e soltanto parzialmente; non lo si coglie mai nella sua interezza. Animale fantastico, il drago (di natura yang) abitualmente vive nascosto negli abissi mari, nelle viscere della terra o nelle nubi vaganti (di natura yin). Simboleggia quindi lo slancio spirituale, la potenza divina. Per cui, nel campo dell'arte, si hanno rappresentazioni nervose, gonfie di energia. Come se fossero colti da convulsioni, i draghi torcono e inarcano i loro corpi muscolosi. Nell'arte della Corte imperiale, il drago riveste un aspetto maestoso, brutale e temibile al tempo stesso. Deve esprimere la dignità del potere imperiale.

Artisti e draghi

Questa intensità di vita, questa forza intensa non potevano fare a meno di affascinare gli artisti, e in particolare quelli che usano l'inchiostro e il pennello, gli specialisti del disegno a inchiostro monocromatico. Dal III secolo, Cao Buxing era stato il primo pittore di talento a specializzarsi in draghi, ma il più grande di tutti fu indiscutibilmente Chen Rong, attivo dal 1235 al 1260. I suoi straordinari Nove Draghi, dipinti (nel 1244) a inchiostro, su carta, oggi al museo di Boston, lasciano un'impressione profonda (vedi dipinto). Non si dimentica facilmente questa visione fantastica, gli animali unghiuti, dalla vitalità sorprendente, che si arrotolano e scompaiono parzialmente negli squarci delle nuvole notturne. Sembra che Chen Rong dipingesse in stato d'ebbrezza e si servisse, a mò di pennello, del suo berretto intinto nell'inchiostro; poi terminava i dettagli con il pennello. La sua opera è d'ispirazione nettamente taoista e, di fatto, ritroviamo spesso dei draghi nelle evocazioni del Paradiso taoista, in cui questa servono da cavalcature agli Immortali che viaggiano tra le nuvole (nuvole che nella maggior parte dei casi sono rappresentate da viticci).

Secondo la tradizione, le raffigurazioni dei draghi a cinque artigli erano riservate all'imperatore (per i suoi abiti, il palazzo, il vasellame, il mobilio, ecc.). I principi di quarto e quinto rango avevano diritto soltanto a draghi con quattro artigli; agli altri restavano i draghi con appena tre artigli! Ma questa regola tardiva non è sempre rispettata e ha subito varie modifiche.

Vengono chiamati draghi Kui i primi draghi raffigurati sui bronzi arcaici, le giade e la ceramica bianca della dinastia Shang. Da quest'epoca (secondo millennio a.C.), sono associati ai riti "di invocazione della pioggia". L'immagine del drago viene allora ravvicinata al tamburo - che effettivamente serviva a chiamare la pioggia -; si pensava che per magia imitatoria il fulmine prolungasse il tuono del tamburo. Quindi, l'alligatore cinese (Alligator sinensis), attualmente in via di estinzione, e che vive in caverne-tane nelle tre province del Basso-Yangtse (Jiangsu, Zheijiang e Anhui), probabilmente è servito da modello ai primi artisti. Lungo circa due metri, questo animale sverna da ottobre ad aprile per ricomparire in primavera, con il ritorno della vita attiva, della vegetazione e della fecondità. D'altronde la sua pelle veniva utilizzata per realizzare tamburi per il culto, che del resto ancor oggi sono detti "tamburi di Pioggia" nell'estremo sud della Cina e nelle attigue contrade montane (Laos, ecc.). Esiste quindi una sicura identità (in origine, almeno) tra il drago e l'alligatore.

ll drago in tutte le sue forme

Padroni della Pioggia, manifestazioni delle forze celesti, si credeva che i draghi lasciassero i propri rifugi terrestri (come l'alligatore!) o le profondità degli oceani, in aprile, per salire in cielo e da lì far cadere la pioggia tra i lampi e il fragore del tuono. Così annunciavano il risveglio della natura e delle sue energie. Poi, all'equinozio d'autunno, ridiscendevano sulla terra, sotto terra e negli abissi oscuri dei mari. La denominazione "long" era riservata al drago residente nei cieli, il più potente, quella "li" al drago (allora sprovvisto di corna) che si nascondeva nell'oceano, e quella "jiao" al drago dalla corazza di scaglie che aveva la tana nelle paludi o nelle grotte delle montagne.

Si credeva che la pioggia risultasse dal combattimento amoroso tra due draghi di sesso "opposto", e alcuni cinesi sensibili, un tempo, rifiutavano di uscire sotto la pioggia, per non essere testimoni indiscreti di questi trastulli fantastici. II combattimento amoroso è sopravissuto in forma di gare e di competizioni tra imbarcazioni-drago, in occasione della festa del 5° giorno del 5° mese lunare (Festa delle barche-drago, Duanwujie in cinese). In occasione della festa delle Lanterne, il 15 della prima luna, grandi draghi a bruco, fatti di tela e di cartone, sotto i quali si nascondono portatori burleschi, serpeggiano nelle strade, in un grande tumulto di grida, risate, petardi, gong e ottoni. In questo caso simboleggia le forze sotterranee della germinazione primaverile, e quindi della fecondità. Nelle superstizioni popolari il drago ha svolto in ogni tempo un ruolo preponderante, come non si può fare a meno di constatare.

Così, per molto tempo, nel nord della Cina, i contadini sono stati incuriositi da strane ossa fossili che capitava loro di dissotterrare spesso e che, con la massima naturalezza, chiamavano "ossa di drago". Di fatto questi resti fossilizzati di dinosauri del trias superiore, che hanno da 70 a 225 milioni di anni, richiamano decisamente quelli degli attuali coccodrilli... Con l'unica differenza che il Phobosuchus del cretaceo superiore, per esempio, probabilmente raggiungeva i dodici metri di lunghezza! Si capisce la perplessità dei contadini davanti a ossa di tali dimensioni, quando le dissotterravano. Le ammucchiavano coscienziosamente per farne medicine e polveri magiche.

Nelle leggende della mitologia antica, i draghi fungono da veicoli o da traino per le grandi divinità, per esempio il Padre d'Oriente e la Regina Madre d'Occidente. Huangdi, l'Imperatore Giallo, sovrano leggendario, avrebbe, per primo, realizzato un tamburo con la pelle di un drago. Questi tamburi dominavano il fulmine, e Pangu, il nano cornuto, colui che metteva ordine nel caos, che è rappresentato sulle mura di Dunhuang mentre è intento a fare il giocoliere in un cerchio di tamburi. Dunque simboleggia anche il tuono! Durante il periodo della "società primitiva", il drago fu il simbolo delle forze soprannaturali.

Con il passare dei secoli, il drago nel Medio Evo assume una forma sempre più fantastica, e l'imperatore si impadronisce della sua immagine, facendone un suo antenato. Nella società feudale, divenne simbolo dell'autorità assoluta dell'imperatore. Lo si vedrà raffigurato su lingotti d'argento che servivano da moneta, e sul trono imperiale, chiamato precisamente "Trono del Drago". Dall'XI secolo, come si può osservare su alcuni affreschi di Dunhuang, viene inserito nei grandi dischi e quadri posti sul petto delle vesti, ricamato sugli abiti e sulle cappe di importantissimi personaggi, e sui flabelli e parasoli portati dai loro fedeli servitori. Il drago a tre artigli era già visibile sulle vesti Tang (618-907), e diventa un elemento costante durante la dinastia Yuan (1279-1367). Alcune leggi suntuarie, severe, promulgate nel XIV secolo, autorizzavano i nobili e gli alti funzionari a portare una veste decorata di draghi ricamati, riservando ai sovrani e a certi principi i draghi con cinque artigli. A partire dai Ming (1368-1644) e durante la dinastia Qing (1644-1911) soprattutto, queste vesti semi ufficiali, di gala, dette esattamente "vesti-drago", divennero sempre più frequenti.


I Nove Draghi

Abbiamo accennato al tema dei Nove Draghi a proposito dei disegni a inchiostro di Chen Rong. Lo si ritrova su una serie di grandi muri schermo, in ceramica policroma smaltata, conservati a Pechino (nella città proibita e nel Parco Beihai) e a Datong. Su una lunga fascia che si distende in larghezza, nove draghi fantastici, disposti a fregio e di colori diversi, si contorcono in mezzo a onde e nubi. Una credenza popolare in effetti distingueva nove specie diverse di draghi (con nomi precisi). Pulao viene sempre raffigurato sulle campane e sui gong; Qiuniu, ama la musica di tutti i generi; Bixi e Baxia sono raffigurati, il primo in cima alle steli - poiché era appassionato di letteratura - e alle mensole, il secondo alla base delle stesse, capace di sopportare grandi pesi. In quest'ultimo caso accade che alla testa della tartaruga che porta sul dorso la pesante stele, vengono conferiti i lineamenti di un drago; Chaofeng appare alle estremità scolpite delle travi dei tempi per la sua inclinazione al pericolo; Chiwen orna le balaustre dei ponti per la sua passione per l’acqua;Suanmi scolpito sull trono di Buddha per la sua propensione al riposo; Yazi è raffigurato sull'elsa delle spade; e infine Bi’an si allunga sull'architrave e sulle porte delle prigioni.
In breve, questo essere mitico e fantastico, tuttavia familiare, e che a suo piacimento poteva ridursi alle dimensioni di un lombrico o, viceversa, assumere dimensioni gigantesche, in Cina ha finito per acquistare una autenticità sorprendente, fino al punto di convincere ognuno della sua "reale" esistenza. All'inizio del secolo, serissimi insegnanti dell'Università di Shanghai giuravano di averne visti con i propri occhi! Ma lungi dall'essere una creatura inquietante e apocalittica, il drago in Cina ha sempre suscitato la simpatia di tutti e, al tempo della dinastia Mancese, ognuno fremeva per poter essere ammesso nell'ordine del Doppio Drago, e portare sul petto una medaglia su cui erano raffigurate due di queste creature benefiche affrontate. I drago, essendo di buon augurio, poteva portare soltanto felicità, ricchezza e prosperità. Si capisce perciò l'enorme e duraturo successo di questo tema che si mantiene vivo da più di trenta secoli, un tema che agli occhi degli occidentali potrà risultare leggermente inquietante, ma che al contrario è benefico e gradevole per gli abitanti dell'Impero celeste. Molti cinesi continuano a battezzare i propri figli con il nome "Long", drago, e ai candidati chc hanno superato brillantemente esami e concorsi, nonché agli accademici viene a loro volta conferito l'ambito titolo di "drago".

Tratto da: http://www.tuttocina.it/tuttocina/simbologia/drago.htm#.VlZGlHrYOK0

lunedì 26 ottobre 2015

I DRAGHI BIANCHI

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foto di Druidi e le creature del bosco.

***I DRAGHI BIANCHI***

I draghi bianchi sono i più piccoli, ma sono comunque fortissimi nelle battaglie contro qualsiasi avventuriero errante. Mentre i draghi verdi sono bravi a pianificare e quelli neri sono dei manipolatori esperti, i draghi bianchi hanno un'ottima memoria. Tuttavia, tendono a scendere in campo solo quando è strettamente necessario per la loro stessa sopravvivenza. Il loro respiro emette un cono di freddo intenso, che congela fatalmente tutte le vittime che colpisce. Di solito, però, questa abilità viene messa in secondo piano dai loro complessi d'inferiorità.
Vivono in ambienti freddi, come le montagne ghiacciate, la tundra o le pianure glaciali. Nonostante abbiano un corpo particolarmente adatto agli ambienti artici, possono vivere anche in semplici foreste o montagne. Sono degli ottimi nuotatori (preferiscono nuotare in acque molto fredde) e sono molto bravi a scalare le montagne. Spesso riescono a trasformare con il fiato la neve in ghiaccio solido, creando le proprie caverne.

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